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Trasferimento di nervo per il recupero della funzionalità dell’arto superiore, gli esiti di uno studio biennale

Lo studio ha valutato il recupero dopo 24 mesi dall’intervento.


Sono stati presentati a Riva del Garda, al convegno nazionale della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), gli esiti di alcuni importanti studi condotti negli ultimi mesi al Montecatone Rehabilitation Institute. Tra essi, quello relativo al trasferimento di nervo per il recupero della funzionalità dell’arto superiore nei pazienti tetraplegici coordinato da Silvia Olivi, medico fisiatra dell’Unità Spinale.

«La perdita della funzione degli arti superiori – spiega Olivi – è una delle conseguenze più gravi della lesione midollare con livello cervicale, per il notevole impatto sulle attività della vita quotidiana e di conseguenza sulla qualità stessa della vita; il recupero della funzione degli arti superiori, è costantemente considerato dai pazienti tetraplegici, come la massima priorità. Pertanto, tutti gli interventi mirati a migliorarla, possono avere un impatto significativo sulla indipendenza e sulla qualità della vita».

I trasferimenti tendinei hanno rappresentato in questo senso, per anni, l’unica strategia chirurgica ricostruttiva per migliorare la funzione degli arti superiori. Solo di recente i trasferimenti di nervi sono stati considerati una valida opzione di trattamento, utilizzata da sola o in combinazione con i trasferimenti di tendini, nei pazienti tetraplegici. Lo studio ha quindi valutato il recupero dopo 24 mesi dall’intervento.

«Tra il 2014 e il 2019 – ha aggiunto ancora Olivi – sono stati arruolati 12 pazienti di sesso maschile, sottoposti a trasferimento di nervo (33 trasferimenti nervosi, 16 arti superiori).  I pazienti sono stati valutati prima dell’intervento a 12 e 24 mesi. I risultati ci dicono che il trasferimento nervoso rappresenta un’opzione di chirurgia funzionale con poche complicanze per la rianimazione degli arti superiori nei pazienti tetraplegici. Sono necessari tuttavia ulteriori studi – ha concluso la fisiatra – per migliorare la selezione dei pazienti».

 

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