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Qualità della vita, un successo il wound care a distanza

Per i pazienti a domicilio: oltre 700 richieste d’assistenza l’anno


Le lesioni da decubito costituiscono un problema aggiuntivo al trauma di un prolungato allettamento. Accanto alla task force multidisciplinare creata in Istituto con il compito di gestire le lesioni da pressione nei pazienti, è attivo un servizio di Wound care a distanza per fornire a coloro i quali vivono a domicilio una risposta qualificata che consenta, da un lato, di prevenire danni gravi da lesioni da decubito, facilitando il mantenimento del massimo livello di vita indipendente compatibile con la situazione della persona e della famiglia e, dall’altro, un riscontro rapido a fronte di una prima manifestazione di lesione cutanea, nell’attesa di una presa in carico da parte dei servizi territoriali o del Montecatone RI.

«Rassicuriamo le persone e i caregiver di fronte a dubbi, incertezze e preoccupazioni – spiega Siriana Landi, Case manager delle Degenze specialistiche – e indirizziamo correttamente l’intervento degli operatori ADI quando attivati. Non solo: intercettiamo precocemente situazioni in cui sia necessario intervenire sulla postura o sugli ausili per evitare ulteriori danni e ridurre al massimo le situazioni che richiedono un intervento chirurgico. L’iniziativa ha trovato ampio consenso nei pazienti, soddisfatti da un servizio rivelatosi cruciale per la qualità della loro vita».

Ma come funziona, concretamente, il Wound care a distanza? «Pazienti, caregiver o medici di base, dopo un primo contatto, inviano via mail le immagini della lesione. Qualora sia possibile una gestione autonoma della cute – aggiunge Landi – forniamo suggerimenti di base, se invece sono già stati attivati gli operatori ADI, ci mettiamo a disposizione per verificare quali materiali abbiano a disposizione e per suggerire le soluzioni più adatte. Se necessario, proponiamo un ricovero valutativo alle Degenze specialistiche, oppure informiamo e mettiamo in visione i file al chirurgo plastico, il quale valuta, eventualmente, l’inserimento nella lista di attesa per un intervento».  Le richieste sono numerose, come conferma Landi: «Una sessantina al mese, mediamente».

Spesso, a latere del problema principale, il paziente espone altre problematiche cui non è riuscito a dare risposta. Compito del Case manager è quello di raccogliere le informazioni che normalmente vengono richieste da altri specialisti e girarle successivamente ai medici di riferimento degli altri percorsi.

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