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Lydia, la paziente uno di Montecatone si racconta: «Nel giorno dei miei 70 anni una diagnosi di positività»

Lydia Golia, elegante signora originaria di Aversa, già preside di un istituto comprensivo nel Vicentino, paziente del Montecatone Rehabilitation Institute, positiva al Covid19 nel giorno del suo compleanno


Il 19 marzo, a poche ore dal suo settantesimo compleanno, la temperatura corporea di Lydia comincia a salire ed è una pessima notizia in piena emergenza Covid19. A quell’anomalia si accompagnano anche, con insistenza, colpi di tosse. Lydia Golia, elegante signora originaria di Aversa, già preside di un istituto comprensivo nel Vicentino, paziente del Montecatone Rehabilitation Institute, era stata trasportata in Emilia-Romagna il 27 novembre del 2019 dopo aver perso, in una manciata di minuti, dieci o anche meno, la mobilità degli arti inferiori. «Stavo cucinando – ricorda turbata – quand’ho avvertito un bruciore fortissimo al bacino irradiarsi rapidamente a gambe e piedi. Una mielite, verosimilmente, di origine sconosciuta».

Sottoposta in Puglia ad alcuni cicli di farmaci antivirali e antibiotici, Lydia arriva a Montecatone che manca poco meno di un mese al Natale e inizia il percorso riabilitativo con l’équipe Gialla (Silvia Volini, Manuela Marani, Luca Spallone ed Elisa Bacchilega). I risultati sono ottimi: «Sì, gli esercizi mi avevano permesso di rinforzare tronco e braccia, tutto stava andando per il verso giusto». Un ottimismo che il 19 marzo viene meno a causa di sintomi simili a quelli pandemici che lo staff medico di Montecatone – fino a quel momento struttura Covid free – ha esigenza immediata di interpretare. Viene subito disposto un tampone il cui esito, che arriva nel cuore della notte, è positivo.

L’Istituto allerta la Rete Ospedaliera dell’Area Metropolitana e alle 10 del 20 marzo Lydia, nel giorno del suo 70mo compleanno, viene ricoverata al Sant’Orsola di Bologna con una diagnosi di coronavirus da metabolizzare nel corpo, certo, ma anche nella mente. A Montecatone, intanto, è attivato il protocollo di stretta sorveglianza per quanti nelle ore precedenti avevano avuto contatti con Lydia, nessuno escluso. Si dispone altresì, a partire dall’indomani, il divieto di accesso all’Istituto per parenti e visitatori.

«Al Sant’Orsola, dove sono rimasta una ventina di giorni – racconta – la diagnosi è stata di polmonite bilaterale. Ero seguita da personale altamente qualificato, disponibile, attento, così come a Montecatone. Ho avuto tanta paura, ho temuto per la mia vita. È stata dura, un’esperienza dolorosa sia fisicamente sia psicologicamente». In terapia intensiva Lydia non ci è mai entrata; ciò nonostante i collegamenti con l’esterno erano sospesi, «ma per fortuna ho sempre potuto contare, a Bologna come a Montecatone, sulla collaborazione dei sanitari per le comunicazioni ai parenti».

L’11 aprile Lydia rientra in Istituto, nel reparto Covid19: è seguita da Silvia Volini e Alessandra Areni, medici alle quali rivolge la sua gratitudine, che ci tiene ad estendere a tutto il personale infermieristico e a quanti, ogni giorno, si prodigano per prendersi cura di lei. Da qualche giorno la situazione è cambiata, il virus non c’è più e la riabilitazione, dopo una ventina di giorni di isolamento, ha potuto riprendere. «La mattina mi dedico alla ginnastica respiratoria, sto bene ma è preferibile continuare per espandere i polmoni – specifica – perché più si espandono meglio è. Inoltre, sono impegnata con la terapia occupazionale che mi aiuta a compiere di nuovo gesti ed azioni in autonomia. Covid19 è stato un disastro – conclude – ma almeno sulla mia strada ho trovato degli angeli».

 

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